Quando non possono più controllarti, provano a controllare la tua immagine.
Ci sono frasi che inchiodano la realtà. Questa è una di quelle. Accade ogni giorno, molto più spesso di quanto possiamo immaginarci, soprattutto nei contesti lavorativi dove il potere – vero o presunto – si regge più sull’influenza che sull’autorità.
La dinamica è semplice: se non ti lascio entrare nella mia mente, proverai a entrare nella mente degli altri parlando di me. Spesso chi cerca di controllare gli altri non lo fa solo per malizia. A volte è paura, a volte è abitudine, a volte è la fatica di ammettere che qualcuno è uscito dal raggio di influenza. Ma quando questo accade, il controllo cambia forma: non più direttivo, bensì indiretto. Subdolo. Invisibile. Passa attraverso gli altri.
La seconda faccia del condizionamento: l’influenza sociale
In psicologia si chiama condizionamento sociale tramite reputazione. Non potendo più agire su di te, si agisce su come gli altri ti vedono. Così si costruisce un’immagine alternativa, utile a sminuire, svalutare o isolare. Non sei più l’originale: sei la versione raccontata da chi ha perso il potere su di te. Frasi come “non è affidabile”, “fa tutto da solo”, “ha un carattere difficile” sono spesso il riflesso di una libertà che infastidisce chi ama le marionette.
“Quando non possono più controllarti, provano a condizionare la tua immagine
Il mondo del lavoro premia la visibilità, ma spesso è una visibilità filtrata da chi narra. E qui nasce un cortocircuito: Più sei autonomo, più sei scomodo, più cercheranno di rinarrare la tua autonomia come arroganza. Non è un caso. È una difesa dal cambiamento. Un modo per mantenere lo status quo senza dover crescere o cambiare dinamiche.
Strategie per non farsi condizionare (e non restituire il colpo)
1. Rimani coerente: chi ti conosce, sa. La reputazione autentica è lenta ma solida.
2. Evita di contro-narrare: spiegarsi troppo è già una difesa. Lascia che il tempo faccia il suo corso.
3. Sii visibile per i tuoi risultati, non per difenderti dagli attacchi.
4. Coltiva alleanze genuine: chi ha visto davvero il tuo valore sarà testimone, non spettatore.
5. Accetta che chi manipola gli altri è, in fondo, prigioniero della propria insicurezza.
Quando il cervello non accetta la libertà altrui: Festinger e la dissonanza cognitiva
Leon Festinger, psicologo sociale tra i più influenti del Novecento, formulò nel 1957 la celebre teoria della dissonanza cognitiva. Secondo questa teoria, quando una persona percepisce un’incoerenza tra ciò che pensa e ciò che vive, si genera uno stato interno di tensione psicologica, la dissonanza appunto. E questa tensione, per il cervello, è intollerabile.
Ora immaginiamo il contesto lavorativo. Se un collega ha sempre pensato di avere potere su di te — magari perché eri più giovane, più inesperto, più accondiscendente — e un giorno tu inizi a esprimere autonomia, fermezza o successo, ecco che si crea un cortocircuito.
Il suo cervello entra in dissonanza: “Io pensavo di avere un ruolo di guida/influenza su di lui…” “…e ora lui si comporta come se non ne avesse bisogno.”
Questa dissonanza non può essere tollerata a lungo. E allora, per risolverla, il collega può reagire in due modi:
– Cambiare idea su di sé o sul rapporto (atto maturo ma raro);
– Ridefinire il tuo valore sociale, magari raccontandoti come arrogante, ingrato o presuntuoso.
La seconda via è la più percorsa, ed è qui che entra il condizionamento reputazionale. Serve a ristabilire l’equilibrio interno di chi non accetta la tua nuova libertà. In pratica: non riuscendo più a dominarti, si convince che sei tu a essere “sbagliato”. Un comportamento infantile? Forse. Ma anche un meccanismo profondamente umano. E prevedibile.
Conclusione: il prezzo della libertà
Essere liberi dal condizionamento significa anche esporsi al rischio del giudizio. Ma è un prezzo onesto da pagare. Meglio essere raccontati male da chi non ti controlla più, che vivere compressi nel copione scritto da qualcun altro. E se qualcuno, per parlarti male, deve fare il giro lungo passando dagli altri, vuol dire che hai vinto.
Bibliografia
-Cialdini, R. B. (2006). Le armi della persuasione. Giunti;
– Goleman, D. (1995). Intelligenza emotiva. Rizzoli;
– Ashforth, B. E. (1997). Petty Tyranny in Organizations: A Preliminary Examination of Antecedents and Consequences. Canadian Journal of Administrative Sciences;
– Sutton, R. I. (2007). Il metodo antistronzi;
– Festinger, L. (1957). A Theory of Cognitive Dissonance. Stanford University Press;
– Raven, B. H. (1992). A Power/Interaction Model of Interpersonal Influence. Journal of Social Behavior and Personality;
– Pinker, S. (2011). Il senso dello stile. Mondadori.