Il virus dello scaricabarile. C’è un momento, in ogni ufficio, in cui il silenzio cala improvviso. È quel secondo sospeso dopo un errore. Una mail inviata al destinatario sbagliato, un cliente perso, un obiettivo mancato. E subito dopo, la reazione: chi è stato? In un ambiente sano, la risposta è semplice: è stato un errore. Si analizza, si impara, si riparte. Ma in molte aziende nei diversi gruppi di lavoro, purtroppo, prende piede una dinamica più tossica: quella del quella del gioco dello scaricabarile. Ed è lì che si vede la stoffa — o la sua assenza.
Accade spesso con quei dipendenti che hanno ottenuto un piccolo avanzamento, una promozione interna o semplicemente una visibilità maggiore. Si sentono diventati qualcuno — il che, di per sé, è anche giusto. Il problema nasce quando a crescere è solo il ruolo e non la consapevolezza. L’ego si gonfia, la responsabilità cala ed ogni errore diventa occasione per puntare il dito.
Le radici psicologiche del problema
Chi scarica la colpa non è necessariamente un manipolatore. Spesso è una persona in difficoltà, che ha paura di deludere, di non essere all’altezza, di perdere il posto o il prestigio appena conquistato. Ma la paura, se non gestita, si trasforma in veleno. Secondo la psicologa americana Brené Brown, “la vulnerabilità non è debolezza, è il coraggio di mostrarsi per ciò che si è, anche quando si sbaglia”. Ma nel contesto aziendale, questo coraggio è merce rara. Perché la cultura del lavoro spesso premia chi appare forte, non chi è autentico. E allora via con le giustificazioni: “Non mi avevano detto”, “Non era chiaro”, “È stato il collega”, “Io avevo capito diversamente”. Ma il danno è doppio: non solo l’errore resta, ma si semina sfiducia nel team, si incrinano rapporti, si avvelena il clima.
Quando il ruolo supera la competenza
C’è un altro fenomeno parallelo, ben noto agli esperti di organizzazione aziendale: il Peter Principle. Descritto da Laurence J. Peter, questo principio afferma che “in una gerarchia, ogni persona tende a salire fino al proprio livello di incompetenza”. Tradotto: spesso si viene promossi fino a raggiungere un ruolo per il quale non si è realmente preparati. Ed è lì che si innesca il cortocircuito. Chi ha carenze, invece di formarsi o chiedere supporto, si rifugia nella difesa dell’immagine. E l’immagine, quando minacciata, attacca. Così un errore può trasformarsi in un’accusa, una svista in un processo, un collega in un nemico.
Come reagire e arginare
Come coach e dirigente nel mondo del lavoro, so bene quanto queste dinamiche siano sottili, ma anche quanto sia possibile prevenirle e correggerle. Ecco alcuni consigli concreti per imprenditori, manager e lavoratori:
I cinque migliori consigli per gestire chi scarica la colpa
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Fissa regole chiare sulle responsabilità
Ogni ruolo deve avere confini definiti. Se tutti sanno “di chi è cosa”, sarà più difficile giocare a nascondino; -
Intervieni subito e con equilibrio
Quando nasce un conflitto o un’accusa infondata, agisci tempestivamente. Lasciar correre significa autorizzare; -
Valuta la persona, non solo il risultato
Non promuovere chi “ci sa fare”, ma chi sa prendersi cura del team. Il carattere è più prezioso della performance; -
Forma alla responsabilità, non solo alla competenza
Il vero professionista sa dire: “Ho sbagliato”. Offri percorsi di crescita che sviluppino anche l’intelligenza emotiva; -
Coinvolgi un coach esterno
A volte serve uno sguardo neutrale per far emergere ciò che internamente non si riesce più a vedere. Un coach può aiutare a riallineare ruoli, aspettative e comunicazione.
In conclusione
Chi sbaglia e cerca un colpevole fuori da sé, sta rinunciando alla possibilità di migliorare. Ma chi sbaglia e lo ammette, fa un passo verso la leadership. Ogni azienda dovrebbe creare spazi dove sia possibile cadere, rialzarsi, e soprattutto: imparare. Perché la cultura della responsabilità è anche la cultura del coraggio. “La vera grandezza di un uomo non si misura da quanti ne comanda, ma da quanti errori riesce ad ammettere.” – Anonimo, ma più saggio di molti lavoratori.
Bibliografia:
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Brown, B. (2012). Daring Greatly. Penguin.
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Peter, L. J., & Hull, R. (1969). The Peter Principle: Why Things Always Go Wrong. HarperBusiness.
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Goleman, D. (1995). Emotional Intelligence. Bantam Books.
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Edmondson, A. (2019). The Fearless Organization. Wiley.
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Kahneman, D. (2011). Thinking, Fast and Slow. Farrar, Straus and Giroux.