Il Covid-19 ci ha reso davvero migliori?

Il Covid-19 ci ha reso davvero migliori?

Il Covid-19 ci ha reso davvero migliori?

La solitudine non deriva necessariamente dall’avere nessuno intorno, ma dall’incapacità di comunicare le cose che sembrano importanti per se stessi, o dal nutrire certi punti di vista che gli altri considerano inammissibili.”— Carl Gustav Jung

L’eco della pandemia di COVID-19 risuona ancora nelle nostre vite, lasciando dietro di sé una scia di interrogativi profondi sulla natura umana. Tra le molteplici riflessioni, una domanda persiste: la crisi sanitaria globale ha rafforzato il nostro senso di empatia o ha invece esacerbato l’individualismo e la mancanza di solidarietà?

L’iniziale ondata di solidarietà, caratterizzata da gesti di altruismo e vicinanza, sembrava confermare la nostra innata capacità di resilienza collettiva. Tuttavia, con il protrarsi della pandemia, sono emersi segnali di una crescente frammentazione sociale, alimentata dalla paura, dall’incertezza e dalle restrizioni prolungate.

Un’analisi psicologica complessa
Dal punto di vista psicologico, la pandemia ha agito come un potente catalizzatore, amplificando sia le nostre virtù che i nostri difetti. La teoria del contatto intergruppi di Allport (1954) suggerisce che il contatto prolungato tra gruppi diversi può ridurre il pregiudizio e promuovere l’empatia. Tuttavia, la pandemia ha anche generato divisioni e polarizzazioni, innescando meccanismi di difesa e comportamenti egoistici.

La paura del contagio ha portato a una focalizzazione sull’autoconservazione, con conseguente diminuzione della capacità di mettersi nei panni degli altri. Studi recenti hanno evidenziato un aumento dei comportamenti discriminatori e della xenofobia, soprattutto nei confronti delle persone percepite come “portatrici” del virus.

L’effetto polarizzante dei social media
I social media hanno giocato un ruolo ambivalente in questo scenario. Se da un lato hanno facilitato la condivisione di informazioni e il sostegno reciproco, dall’altro hanno amplificato la disinformazione e l’odio online, alimentando divisioni e diffidenza. La diffusione di notizie false e teorie cospirative ha minato la fiducia nelle istituzioni e nella scienza, contribuendo a un clima di crescente sfiducia.

Prospettive future: ricostruire l’empatia
Nonostante le sfide, la pandemia ha anche dimostrato la nostra capacità di adattamento e la nostra innata propensione alla cooperazione. Numerose iniziative di solidarietà e volontariato hanno dimostrato che l’empatia non è scomparsa, ma si è trasformata.

Per ricostruire un tessuto sociale basato sull’empatia e la solidarietà, è fondamentale investire nell’educazione civica e nella promozione del pensiero critico. È necessario contrastare la disinformazione e promuovere un uso responsabile dei social media, incoraggiando il dialogo e la comprensione reciproca.

Il ruolo del coach aziendale: uno spazio sicuro per ricostruire relazioni
In questo contesto, rivolgersi a un coach aziendale può rappresentare una scelta trasformativa. Il coach non è solo un facilitatore di performance, ma un professionista capace di aiutare le persone e i team a riprendere contatto con la dimensione umana del lavoro. In un tempo in cui la diffidenza e il sospetto sembrano prevalere, un percorso di coaching può riattivare fiducia, stimolare l’intelligenza emotiva e favorire nuove modalità di comunicazione autentica tra colleghi e leader. Perché non esiste organizzazione sana dove manchi la possibilità di sentirsi ascoltati, compresi e valorizzati. Perché non esiste organizzazione sana dove manchi la possibilità di sentirsi ascoltati, compresi e valorizzati.

Un coach aziendale, inoltre, può aiutare a rimettere in moto il dialogo anche nei team più frammentati, offrendo chiavi di lettura nuove, strategie di collaborazione e percorsi di crescita condivisa. Non è solo una questione di risultati: è una questione di senso. Quando un team torna a comprendersi, torna anche a cooperare. E lì, finalmente, l’empatia non è più un concetto, ma una pratica quotidiana e questo può avvenire anche grazie all’utilizzo della Sessione Singola (clicca qui per approfondire).

Bibliografia:

– Allport, G. W. (1954). The nature of prejudice. Addison-Wesley;
– Cacioppo, J. T., & Cacioppo, S. (2018). Loneliness in the modern age: An evolutionary theory of loneliness (ETL). Advances in experimental social psychology, 58, 127-191;
– Van Bavel, J. J., Baicker, K., Boggio, P. S., Capraro, V., Cichocka, A., Cikara, M., & Willer, R. (2020). Using social and behavioural science to support COVID-19 pandemic response. Nature human behaviour, 4(5), 460-471.