Cento storie di lavoro, ma soprattutto di vite al lavoro

Cento storie di lavoro, ma soprattutto di vite al lavoro

Cento storie di lavoro, ma soprattutto di vite al lavoro

Il mio sito, www.giacomolastretti.it, ha appena raggiunto il traguardo dei cento articoli pubblicati. Un numero tondo, potente. Un numero che non conta solo i clic o le parole scritte, ma le storie, i sospiri, le pause, le domande che mi hanno accompagnato — e, spero, anche voi — in questo percorso.

Non ho mai scritto per spiegare come si lavora. Ho scritto per raccontare chi lavora. Perché dietro ogni scrivania, ogni turno, ogni cartellino timbrato o videocall, c’è un essere umano con il suo carico di emozioni, dubbi, paure e voglia di farcela.

Chi ha letto almeno uno di questi cento articoli lo sa: non sono manuali. Sono lettere aperte, riflessioni, a volte confessioni. E ogni parola è stata scelta come si sceglie un abito per una persona cara. Con cura, con rispetto, con responsabilità.

Non parlo di lavoro. Parlo di chi lavora.

La differenza sembra sottile, ma è abissale. Parlare di lavoro significa spesso ridurre la persona al suo ruolo: manager, impiegato, venditore, libero professionista. Parlare di chi lavora significa invece ridare carne, sogni e nervi a ciò che spesso viene trattato come un semplice “ingranaggio”.

E allora in questi cento articoli ho parlato di:

  • chi è rimasto deluso da un capo incapace di ascoltare;

  • chi si è sentito invisibile in un’azienda troppo rumorosa;

  • chi ha pianto in bagno prima di una riunione importante;

  • chi ha preso ferie non per riposare, ma per respirare.

Ho raccontato storie vere, a volte dure, sempre sincere. Non le trovate nei bilanci aziendali, ma le trovate nei silenzi tra un “tutto bene” e un “sto solo un po’ stanco”.

Ogni articolo è una carezza, a volte uno schiaffo

Scrivere, per me, è un atto di responsabilità. Non ho mai voluto addolcire la realtà. Chi mi legge lo sa: preferisco dire la verità, anche quando fa male. Ma sempre con l’intento di accendere una luce. Ogni articolo è stato un invito a guardarsi allo specchio e chiedersi: “Ma io, in tutto questo, dove sono? Cosa voglio davvero?”.

A volte è servita una metafora, altre una provocazione. A volte ho preso in prestito le parole di autori, filosofi, psicologi. Altre volte, semplicemente, ho raccontato qualcosa che ho visto, sentito o vissuto in prima persona. Perché dietro ogni articolo, anche il più apparentemente distaccato, c’è sempre un cuore che batte. Il mio.

Chi scrive non è un osservatore. È un testimone.

Dott. Giacomo LastrettiNon sono uno coach che si limita a guardare il mondo da una finestra. Sono stato e sono ancora, parte di quel mondo che racconto. Sono un dirigente, un coach, un collega. E quando scrivo di burnout, di ansia da prestazione, di capi narcisisti o di dipendenti che non si sentono valorizzati, non lo faccio da estraneo, ma da qualcuno che ha camminato su quelle stesse strade.

Ed è per questo che ogni articolo contiene un pezzo di verità. Perché nasce dalla vita vissuta, non solo dalla teoria.

Le parole contano. E lasciano il segno.

Se oggi ho scritto cento articoli è perché ho sentito il bisogno di creare uno spazio di autenticità. In un mondo che ci vuole sempre più performanti, rapidi, digitali, ho deciso di rallentare e di costruire con le parole dei piccoli rifugi per chi ha bisogno di capire, sentirsi meno solo, o semplicemente essere ascoltato.

E non sono solo rifugi per chi è in crisi. Sono spazi per chi sta bene, ma vuole stare meglio. Per chi ha raggiunto il successo, ma non sa condividerlo. Per chi non ha paura di mettersi in discussione. Per chi ogni tanto inciampa, e vuole imparare a cadere con grazia, per rialzarsi con consapevolezza.

Grazie a chi legge. Davvero!

Cento articoli sono anche cento relazioni. Non siete mai stati solo “lettori”, ma compagni di viaggio. Con molti di voi ho avuto scambi, commenti, mail, telefonate. E ogni volta ho capito che non stavo scrivendo nel vuoto. Che le mie parole, a volte, arrivano dove nemmeno immaginavo. E se anche uno solo di questi articoli ti ha aiutato a prendere una decisione importante, a dire un no che non trovavi il coraggio di pronunciare, o a guardarti con più amore… allora ne è valsa la pena.

E adesso?

Adesso si riparte. Perché cento è solo un numero. Ma ogni nuova parola scritta sarà, come sempre, dedicata a chi lavora… ma soprattutto a chi sente. Perché, come scrivo spesso, “non esistono solo carriere da costruire, ma vite da onorare”. E questo, articolo dopo articolo, continuerà a essere il mio impegno, probabilmente con qualche novità in arrivo.

Bibliografia

  • Kahneman, D. (2011). Thinking, Fast and Slow;

  • Maslow, A. (1954). Motivation and Personality;

  • Brene Brown (2012). The Power of Vulnerability;

  • Sennett, R. (1998). The Corrosion of Character.