Lavorare con passione, privilegio o scelta?

Lavorare con passione, privilegio o scelta?

Lavorare con passione: privilegio, scelta o costruzione?

“La passione non è qualcosa che trovi. È qualcosa che costruisci, giorno dopo giorno.”— Cal Newport

C’è una frase che gira da anni come un mantra nelle bacheche motivazionali e nei post ispirazionali: “Fai ciò che ami e non lavorerai un solo giorno della tua vita.” Bello, ma è vero? O è solo uno slogan che nasconde la complessità del mondo del lavoro?

In un tempo dove il lavoro è sempre più identità, sempre meno sicurezza, porsi la domanda “posso davvero fare un lavoro che amo?” non è retorica. È strategia di vita. Ma attenzione: rispondere significa mettere mano a desideri profondi, vincoli reali, illusioni collettive.

La verità scomoda: amare il lavoro è (anche) un privilegio

La prima verità da accettare, con lucidità e coraggio, è che non tutti possono permettersi di scegliere il lavoro che amano. Non per mancanza di valore, ma per condizioni. Chi nasce in contesti fragili spesso si trova a dover accettare prima di poter scegliere, a fare esperienza prima di poter “costruire” qualcosa di proprio.

Eppure c’è una seconda verità, più potente: amare il proprio lavoro non è sempre questione di fortuna. È anche una competenza. Un’abilità che si sviluppa.

Dalla vocazione al mestiere: come nasce (davvero) la passione

Amy Wrzesniewski, docente di comportamento organizzativo a Yale, ha studiato per anni la relazione tra lavoro e significato. La sua ricerca ci dice che non è il lavoro in sé a determinare il nostro coinvolgimento, ma l’interpretazione soggettiva che diamo a ciò che facciamo.

Due persone possono svolgere lo stesso mestiere: una lo vive come una condanna, l’altra come una missione. Perché? Perché chi ama ciò che fa spesso ha imparato a “modellare il lavoro” (job crafting), trovandovi scopo e senso anche dentro i limiti.

In questo senso, la passione non precede l’azione. Ne è spesso il frutto.

Tre scenari per chi cerca un lavoro che ama

1. Il privilegio dell’allineamento precoce

C’è chi fin da giovane scopre una vocazione e riesce a costruirci intorno una carriera. Succede. Ma è raro. E spesso è il risultato di un ecosistema favorevole: famiglia, cultura, occasioni.

2. La costruzione intenzionale

È il caso più diffuso e più realistico: si inizia un lavoro, ci si forma, si fanno errori, si cresce, si plasma. La passione arriva col tempo, come risultato dell’impegno e della competenza, non come presupposto.

3. La reinvenzione consapevole

Succede a metà carriera, o in momenti di rottura. Ci si ferma, si ascolta, si cambia. Qui il lavoro amato diventa progetto, scommessa, a volte impresa. Non è mai solo scelta emotiva: è strategia, studio e coraggio.

Il falso mito della felicità permanente

Non esiste un lavoro che ci piaccia sempre. La frustrazione, la fatica, le giornate storte fanno parte del pacchetto. Anche il lavoro che ami ti metterà alla prova, ti farà sentire stanco, a volte perfino inadatto.

Ma qui sta la differenza: non è la passione a garantire l’assenza di fatica. È il significato che diamo a quella fatica a renderla sostenibile.

Come dice Viktor Frankl, “Chi ha un perché abbastanza forte può sopportare quasi ogni come.”

E il lavoro, quando è ben scelto o ben costruito, può diventare un “perché” potente.

Strategie concrete per chi vuole “costruire” un lavoro che ama

Ascoltati senza idealizzare. Le passioni vere resistono alla noia e alla ripetizione. Se ti appassiona solo quando è nuovo, forse non è la tua.

Fai. Non aspettare l’illuminazione. La chiarezza arriva con l’azione. Prova, sbaglia, cambia.

Chiedi feedback reali. Non solo complimenti, ma anche confronti duri e onesti. Solo così puoi crescere.

Cerca senso, non solo stimoli. Un lavoro può essere noioso ma significativo, oppure eccitante ma vuoto. La differenza sta nella profondità, non nella superficie.

Circondati di chi crede che si possa crescere. Le passioni crescono nei contesti giusti: nutriti di confronto, scambio, formazione.

Si può imparare a riconoscere anche il lavoro che si ha, spesso siamo così concentrati nel voler cambiare lavoro a tutti i costi, dimenticando perfino il motivo, inseguendo qualcosa che non esiste o per il quale non siamo pronti. Un coach, è una figura che può aiutarti a calibrare le scelte, facendo quella migliore per il tuo presente e pianificando il futuro.

Bibliografia

– Wrzesniewski, A., & Dutton, J.E. (2001). Job crafting and meaning of work. Academy of Management Review;

– Newport, C. (2012). So Good They Can’t Ignore You. Grand Central Publishing;

– Frankl, V. (1946). Man’s Search for Meaning. Beacon Press;

– Deci, E.L., & Ryan, R.M. (1985). Intrinsic Motivation and Self-Determination in Human Behavior. Springer;

– Duckworth, A. (2016). Grit. Scribner.