E se riuscissi a farcela?
Ci sono giornate che ci mettono alla prova come se la vita avesse deciso di tirare fuori il peggio dal mazzo. Il capo ti schiaccia con richieste che sembrano pretese, senza nemmeno guardarti negli occhi. Il collaboratore che hai formato con pazienza sembra fregarsene delle scadenze. Tu corri, rincorri il tempo, ti muovi senza fiato, senza appigli, senza tregua. E ti chiedi: quanto ancora posso resistere? È proprio in questi momenti – i più nudi, i più crudi – che nasce una delle domande più potenti che possiamo farci: “E se riuscissi a farcela nonostante tutto?”
Non è una frase da cioccolatino né un mantra da motivazione spiccia. È una provocazione interiore, una ribellione silenziosa che ci ricorda che, nonostante le ferite, abbiamo ancora voce. Abbiamo ancora margine. Abbiamo ancora scelta.
La domanda che cambia la prospettiva
Quando tutto va bene, la motivazione è facile. Ma la vera spinta nasce nei momenti in cui nulla sembra funzionare. In quei momenti in cui sei a terra e non sai se rialzarti o restare lì a leccarti le ferite. La domanda “E se ce la facessi lo stesso?” non è una promessa. È un’apertura. È l’invito a non chiudere la partita solo perché stai perdendo il primo tempo. È quel margine di libertà che secondo Viktor Frankl, psicologo sopravvissuto ai campi di concentramento, resta all’essere umano anche nelle condizioni più terribili: la libertà di scegliere come reagire. E allora puoi scegliere. Non il tuo capo, non il tuo collega, non il tuo passato. Tu.
Il potere del “nonostante”
Il vero cambiamento non avviene quando tutto è sereno. Cresci quando ami anche se sei stato ferito. Quando ti impegni anche se sei stanco. Quando credi anche se hai perso. È lì che si misura il carattere. È lì che nasce la resilienza, quella vera, che non è una corazza ma un tessuto che si flette, che si adatta, che trasforma. “Nonostante tutto” non è una scusa. È un atto d’orgoglio sano. È un riconoscimento delle difficoltà, ma anche della tua capacità di attraversarle.
Secondo Boris Cyrulnik, neurologo e psichiatra francese, la resilienza è la capacità di costruire un nuovo equilibrio dopo una frattura. Ma attenzione: non è tornare come prima. È evolvere, cambiando forma. Diventare altro. Più consapevoli, più forti, più umani.
Le prove che parlano di te
Fermati un istante. Pensa ai momenti più difficili della tua vita. A quando ti sembrava tutto perso. Eppure sei ancora qui. Forse stanco, forse arrabbiato, ma vivo. Hai superato dolori, rotture, ingiustizie, umiliazioni. Non è poco. Ogni volta che pensi di non avere più nulla da dare, stai dimenticando il tuo passato. Stai dimenticando che sei sopravvissuto a te stesso. E questo, Giacomo, è un merito che non puoi lasciarti scivolare addosso.
Un nuovo dialogo con te stesso
La prossima volta che sei in crisi, prova a fare questo esperimento. Invece di rimproverarti o crollare nel vittimismo, guarda il tuo riflesso allo specchio e chiedi:
“E se stavolta riuscissi a superarla con più dignità?”
“E se questa ferita fosse l’occasione per ridefinirmi?”
“E se oggi fosse solo il giorno prima della svolta?”
Non serve che ti creda nessuno. Basta che ci creda tu. E se proprio ti manca la forza, ricordati questo: nessuno ce la fa sempre da solo. Affidati. Parla con un professionista. Chi ha studiato per aiutare le persone a dare ordine al caos non ti giudicherà. Ti accompagnerà. Ti ascolterà con rispetto. E ti aiuterà a capire che non sei rotto: sei in costruzione.
Una frase da tenere in tasca
Lo psicologo Martin Seligman, padre della psicologia positiva, ci ricorda che il benessere non è l’assenza di problemi, ma la capacità di coltivare significato, impegno e speranza nonostante i problemi. E allora non cercare di sopravvivere. Ricomincia. A piccoli passi. Col cuore in mano e i sogni ancora sporchi di terra. Ma vivi. Perché la vita – anche quando graffia – è ancora tua.
Bibliografia:
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Frankl, V. (1946). Man’s Search for Meaning;
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Cyrulnik, B. (2001). Un merveilleux malheur;
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Seligman, M. (2011). Flourish;
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Neenan, M. & Dryden, W. (2002). Life Coaching: A Cognitive Behavioural Approach;
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Goleman, D. (1995). Emotional Intelligence.