Il collega controllore: come convivere (bene) con chi ti blocca ogni decisione

Il collega controllore: come convivere (bene) con chi ti blocca ogni decisione

Per tua informazione ti dico subito che non è solo controllo, è un bisogno più profondo. Ecco come affrontarlo senza perdere te stesso.

Il collega controllore! Capita, prima o poi, a chiunque viva un contesto di lavoro condiviso. Quella figura presente in ogni mail, in ogni decisione, in ogni piccolo gesto quotidiano. Nulla può essere fatto, deciso o anche solo immaginato… senza il suo benestare.

Non è sempre un superiore. Spesso è un collega al tuo stesso livello. Eppure si comporta come un’autorità implicita, come se avesse ricevuto in segreto la patente per controllare tutto.

All’inizio ti infastidisce. Poi ti sfinisce. Ma se osservi con attenzione, sotto quel bisogno di approvazione continua si nasconde qualcosa di più profondo. Queste persone, più che controllanti, sono in cerca di conferme. Non si fidano del mondo, ma nemmeno di se stesse. E allora cercano di arginare l’imprevedibilità facendo da filtro a tutto.

La loro vita spesso ha conosciuto mancanze, rotture, vuoti. Persone che non si sono sentite ascoltate da piccole, o che sono cresciute in contesti dove l’errore non era tollerato. E così, oggi, diventano guardiani di processi, difensori dell’ordine, ma a volte… carcerieri delle altrui iniziative.

A volte ci si accorge che il vero conflitto non è neanche esplicito. Non ci sono litigi, urla o grandi scontri. C’è piuttosto una costante microtensione, come una nebbia che rallenta ogni iniziativa. La sensazione di dover “passare il test”, anche per le cose più semplici. E questo genera un circolo vizioso: più l’altro controlla, più tu ti irrigidisci, meno crei, meno ti esponi… e alla fine ti limiti da solo.

Ma attenzione: la libertà non si chiede. Si esercita con eleganza.

La tua crescita professionale passa anche dalla capacità di gestire queste presenze con lucidità. Non si tratta di fare la guerra, ma di non lasciarsi trattenere. Ogni volta che cedi all’approvazione forzata, perdi un pezzo della tua voce. Ogni volta che scegli di avanzare con consapevolezza, invece, crei una nuova strada anche per chi ti osserva. Perché anche chi controlla, in fondo, sta cercando un modello più solido a cui ispirarsi. E tu, con il tuo esempio, puoi diventare quel punto fermo che genera fiducia, non frustrazione. L’obiettivo non è sottomettere l’altro, ma trasformare il modo in cui tu stai nel sistema. Ed è da lì che parte ogni vero cambiamento. Anche nel lavoro. Anche nella vita.

E allora come ci si comporta?

Primo: non alimentare il muro. Non rispondere con opposizione frontale, perché il controllo si rafforza nella tensione. Lavora di sottrazione: sii trasparente, ma riduci il bisogno di passare sempre da lui o lei.

Secondo: dichiara con gentilezza i tuoi confini. Una frase come “Ti tengo aggiornato volentieri, ma alcune cose posso gestirle in autonomia” è ferma ma non aggressiva. Crea spazio.

Terzo: sii un esempio di fiducia. Le persone controllanti spesso ammirano, in segreto, chi riesce a muoversi con calma, efficacia e autonomia. Più ti vedranno centrato, meno sentiranno il bisogno di frenarti. E infine, ricordati questo: non puoi cambiare il modo in cui gli altri si relazionano con il mondo, ma puoi cambiare il tuo modo di stare dentro quella relazione. E questo, in certi casi, è sufficiente per ribaltare gli equilibri.

Non siamo chiamati a combattere ogni dinamica difficile. A volte, siamo chiamati a trasformarla con intelligenza emotiva, presenza e autorevolezza.

Bibliografia

  • Kets de Vries, M. (2006). La leadership e il lato oscuro del potere. Raffaello Cortina;

  • Goleman, D. (1995). Intelligenza emotiva. BUR;

  • Brown, B. (2012). The Power of Vulnerability. Penguin;

  • Perls, F. (1969). L’Io, la fame e l’aggressività. Astrolabio;

  • Tannen, D. (2001). You Just Don’t Understand: Women and Men in Conversation. Ballantine.